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(DL) NON BASTA IL CONSENSO ALLA RIDUZIONE DELLA RETRIBUZIONE (C.App. Milano n.1974/2019 del 15.01.2020)
Il consenso del Lavoratore alla riduzione della retribuzione anche in caso di accordo e accettazione di mansioni inferiori non è sufficiente ai fini della validità del patto. L'art. 2103 c.c fa assoluto divieto di mutamento in peius del trattamento retributivo e delle mansioni sanzionando ogni patto contrario con la invalidità a meno che, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita, si proceda ad accordi individuali secondo le modalità previste all’art 2113 cc. Tale norma consente al lavoratore di effettuare rinunce di diritti indisponibili previsti da disposizioni inderogabili della legge e dai contratti o accordi collettivi solo in sede di conciliazione ai sensi degli articoli 185, 410 e 411, 412 ter e 412 quater del codice di procedura civile. In difetto il prestatore di lavoro potrà impugnare l’accordo intervenuto in coso di rapporto a pena di decadenza entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto stesso. Tale regola può dirsi non applicabile alla riduzione del superminimo individuale potendo un simile accordo essere raggiunto tra le parti al di fuori delle sedi di cui all’art. 2113 cc. trattandosi di un diritto derivante dal contratto individuale e non da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi. La rinunzia e/o la transazione effettuate non in una delle sedi “protette” (sede giudiziale, amministrativa, sindacale, di certificazione) sono valide e non possono essere impugnate dal lavoratore. Rimangono assoggettati alle forme del 2113 cc le pattuizioni di riduzione di superminimi collettivi essendo regolamentati da contratti o accordi collettivi. (EC)