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(DL) LICENZIAMENTO DISCIPLINARE - QUANDO IL FATTO SUSSISTE MA NON RIENTRA NELLE PREVISIONI DEL CCNL PER L’APPLICAZIONE DELLA SANZIONE ESPULSIVA (Cass. n. 2238 del 30.01.2020)
La S.C. ha ribadito, ancora una volta, in quali casi, nell’ambito di un licenziamento disciplinare, è data la facoltà al Giudice di riconoscere la tutela reintegratoria di cui all’art. 18 L.300/1970, comma 4. Tale tutela viene riconosciuta spettare al Lavoratore per le sole ipotesi di insussistenza del fatto contestato, di sostanziale irrilevanza del fatto sotto il profilo disciplinare, di non imputabilità o, comunque, quando il fatto è sussistente, ma il CCNL di riferimento sanziona l’addebito con un sanzione conservativa e non espulsiva. In tali fattispecie, la reintegrazione verrà disposta con annullamento del licenziamento e verrà accompagnata da un risarcimento danni limitato ad un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione sino ad un massimo di 12 mensilità. Diversamente, in caso di fatto accertato e sussistente, ma non contemplato tra le ipotesi per le quali il CCNL prevede la sanzione espulsiva e neppure quella conservativa e si pone un problema di proporzionalità, la S.C. ha ritenuto insussistente la giusta causa di licenziamento rientrando la fattispecie nelle “altre ipotesi” previste dall’art 18, 5^ comma, con applicazione della tutela indennitaria “forte”e dunque della risoluzione del rapporto con indennità risarcitoria. Quando il fatto contestato non è tanto grave da giustificare la risoluzione del rapporto di lavoro, ma nemmeno può essere ricondotto ai casi che l'autonomia collettiva punisce con la sanzione conservativa, l'unica tutela applicabile al dipendente è quella indennitaria prevista dal quinto comma del nuovo art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. In tali casi la reintegrazione non è possibile e si fa luogo al risarcimento del danno per illegittima risoluzione del rapporto di lavoro. (EC)