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(DL) ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL DIPENDENTE CHE OFFENDE ALL’ INTERNO DI UNA CHAT SINDACALE (PRIVATA) IL PROPRIO AMMINISTRATORE DELEGATO (Cass. 10.09.2018 n. 21965)

La suprema Corte è intervenuta riguardo alla valutazione di legittimità o meno di un provvedimento disciplinare espulsivo nei confronti di un dipendente (anche rsa aziendale) il quale all’ interno di una chat chiusa esprimeva giudizi offensivi nei confronti del proprio amministratore delegato.
Sulla base delle considerazioni che seguono, quale stralcio della motivazione del Collegio, non è stata ritenuta sussistente la diffamazione e quindi la illiceità del comportamento del lavoratore attesa, la inviolabilità della corrispondenza vieppiu’ ove circoscritta in ambito privato ed oggetto poi di divulgazione anonima.
LA Suprema corte ha quindi ritenuto come “ …. ove la comunicazione con più persone avvenga in un ambito privato, cioè all’interno di una cerchia di persone determinate, non solo vi è un interesse contrario alla divulgazione, anche colposa, dei fatti e delle notizie oggetto di comunicazione, ma si impone l’esigenza di tutela della libertà e segretezza delle comunicazioni stesse; … che l’art. 15 della Cost. definisce inviolabili “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione”, dovendosi , intendere la segretezza come espressione della più ampia libertà di comunicare liberamente con soggetti predeterminati, e quindi come pretesa che soggetti diversi dai destinatari selezionati dal mittente non prendano illegittimamente conoscenza del contenuto di una comunicazione; …. che la tutela della segretezza presuppone, oltre che la determinatezza dei destinatari e l’intento del mittente di escludere terzi dalla sfera di conoscibilità del messaggio, l’uso di uno strumento che denoti il carattere di segretezza o riservatezza della comunicazione; …. che, come ribadito dalla Corte Cost. nella sentenza n. 20 del 2017, il diritto tutelato dall’art. 15 della Cost. “comprende tanto la corrispondenza quanto le altre forme di comunicazione, incluse quelle telefoniche, elettroniche, informatiche, tra presenti o effettuate con altri mezzi resi disponibili dallo sviluppo della tecnologia”; … che quindi l’esigenza di tutela della segretezza nelle comunicazioni si impone anche riguardo ai messaggi di posta elettronica scambiati tramite mailing list riservata agli aderenti ad un determinato gruppo di persone, alle newsgroup o alle chat private, con accesso condizionato al possesso di una password fornita a soggetti determinati; … che i messaggi che circolano attraverso le nuove “forme di comunicazione”, ove inoltrati non ad una moltitudine indistinta di persone ma unicamente agli iscritti ad un determinato gruppo, come appunto nelle chat private o chiuse, devono essere considerati alla stregua della corrispondenza privata, chiusa e inviolabile; …. che tale caratteristica è logicamente incompatibile con i requisiti propri della condotta diffamatoria, ove anche intesa in senso lato, che presuppone la destinazione delle comunicazioni alla divulgazione nell’ambiente sociale; … che l’esigenza di tutela della segretezza delle forme di comunicazione privata o chiusa preclude l’accesso di estranei al contenuto delle stesse, la rivelazione e l’utilizzabilità del contenuto medesimo, in qualsiasi forma, prevedendo l’ordinamento specifiche ipotesi delittuose di violazione della corrispondenza, rivelazione del contenuto della stessa e di accesso abusivo a sistemi informatici, (cfr. artt. 616 e 617 c.p.); … che, nel caso di specie, la conversazione tra gli iscritti al sindacato era da essi stessi intesa e voluta come privata e riservata, uno sfogo in un ambiente ad accesso limitato, con esclusione della possibilità che quanto detto in quella sede potesse essere veicolato all’esterno (tanto che ciò è avvenuto per mano di un anonimo), il che porta ad escludere qualsiasi intento o idonea modalità di diffusione denigratoria; … che la mancanza del carattere illecito – da un punto di vista oggettivo e soggettivo – della condotta ascritta al lavoratore, riconducibile piuttosto alla libertà, costituzionalmente garantita, di comunicare riservatamente, assorbe la necessità di esaminare il profilo dell’applicabilità al caso di specie delle esimenti di cui agli artt. 599, comma 2, e 51, comma 1, c. p. (le esimenti previste dal codice penale hanno efficacia generale nell’ordinamento: cfr., per tutte, Cass. n. 25682/14) e, quindi, ogni profilo di rispetto o meno della continenza nell’esercizio del diritto di critica; … che alla luce di tali ulteriori valutazioni, rilevanti ai fini della nozione normativa di giusta causa in ipotesi di condotte diffamatorie in danno di parte datoriale, deve confermarsi la statuizione della Corte di merito quanto alla mancanza di antigiuridicità della condotta addebitata al lavoratore; … “ (DG)