Set
16
(DPE) INTERCETTAZIONI: SE L’INDAGATO CONFESSA IL REATO AL PROPRIO LEGALE A TITOLO AMICHEVOLE L’INTERCETTAZIONE È PIENAMENTE UTILIZZABILE (Cassazione penale,sez.II,sentenza 18.06.2014 n. 26323)
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26323 del 2014 si pronuncia in tema di divieto di intercettazioni di conversazioni ex art. 103 c.p.p. e statuisce che se l'indagato confessa il reato al proprio legale a titolo amichevole, l'intercettazione è pienamente utilizzabile in quanto la conversazione non ha carattere professionale.
I giudici della Corte, muovendo dalla ratio sottesa all’art. 103 c.p.p., da rinvenirsi nella tutela dell’esercizio della funzione difensiva, chiariscono che il divieto di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni di cui al suddetto articolo non riguarda indiscriminatamente tutte le conversazioni di chi rivesta la qualità di difensore e per il solo fatto di tale qualifica, ma solo le conversazioni che attengono alla funzione esercitata.
Pertanto, concludono i giudici nella sentenza in commento, nell’ipotesi in cui venga intercettato un colloquio fra l’indagato ed un avvocato legati da uno stretto rapporto di amicizia e familiarità, il giudice deve concludere per la utilizzabilità dell’intercettazione, allorché, all’esito di un esame globale ed unitario dell’intera conversazione, emerga che quanto dichiarato dall’indagato non sia finalizzato ad ottenere consigli difensivi, ma, sia, piuttosto, una mera confidenza, e altresì emerga che quanto dichiarato dall’avvocato non abbia natura professionale, ma abbia mera natura consolatoria ed amicale a fronte delle confidenze ricevute.
NP
Si segnala che la sentenza è a Vs. disposizione e potrà essere richiesta contattando lo studio.
Sarà sufficiente aprire la pagina “contatti”.