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(DL)LICENZIAMENTI COLLETTIVI IN EDILIZIA E DEFINIZIONE DI "FINE LAVORO" (Cass., 06.02.2008, n. 2782)
La Suprema Corte di Cassazione prosegue nel solco della precedente giurisprudenza, laddove esplicita il seguente principio di diritto : la esclusione dell' obbligo di osservare le procedure dettate per il licenziamenti collettivi, previsti dall' art. 24 co. 4 della legge 23 luglio 1991 n. 223, fra l' altro, per fine lavoro nelle costruzioni edili, motivata dalla impossibilità assoluta di una ulteriore utilizzazione dei lavoratori destinatari dei provvedimenti di recesso , opera anche nel caso di esaurimento di una singola fase di lavoro, che abbia richiesto specifiche professionalità, non utilizzabili successivamente; non opera, invece, quando la fase lavorativa non sia ultimata, ma sia in corso di graduale esaurimento, atteso che in tal caso si rende necessaria una scelta fra lavoratori da licenziare e lavoratori da adibire alla ultimazione dei lavori, scelta che deve seguire le regole di cui agli artt. 4 e 5 della legge 223 del 1991 .
La fattispecie interessava undici licenziamenti plurimi individuali intimati da una impresa edile a taluni lavoratori addetti all' oramai prossimo esaurimento della singola fase di lavoro (opere in cemento armato).
La società insisteva nella legittimità del proprio comportamento, sostenendo che l' espressione "fine lavoro" dovesse intendersi nella sua accezione estensiva tale da ricomprendere anche il graduale esaurirsi delle singole fasi di lavoro. Ne sarebbe così derivata la previsione ai sensi dell' art. 4^ co. art 24 l. 223/1991 di esonero dalla anzidetta normativa in materia di licenziamenti collettivi.
Se dapprima il Tribunale di Rieti dichiarava la legittimità delle risoluzioni datoriali, la Corte di Appello di Roma riformava la decisione di primo grado ritenendo inefficaci i licenziamenti . La Corte di legittimità, adita dalla società, con il citato principio, ha escluso invece una tale lettura del dettato normativo e quindi rigettato il ricorso.
DG
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