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(DL)- ONERE DELLA PROVA IN MATERIA DI REQUISITI DIMENSIONALI DELL'AZIENDA (CASS.sez.lav.,24.01.2007,N.1579)
Con la sentenza 1579/2007 la Cassazione torna ad occuparsi dell’onere della prova in materia di requisiti dimensionali dell’azienda ai fini dell’applicazione dell’art. 18 St. Lav.
In particolare, i Giudici di legittimità rispondono al quesito se in caso di licenziamento illegittimo l’impossibilità del reintegro in azienda per mancanza del requisito numerico richiesto dall’art. 18 deve essere provata dal datore di lavoro o dal prestatore.
Come noto, infatti, la dimensione aziendale costituisce l’elemento discriminante ai fini dell’applicazione della c.d. tutela obbligatoria, che consiste nell’alternativa a scelta del datore di lavoro tra la riassunzione del lavoratore ed il pagamento di una indennità risarcitoria, ovvero della c.d. tutela reale, che si risolve nell’obbligo imposto al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore licenziato fermo restando il risarcimento del danno subito.
Diventa, quindi, importante, ai fini della corretta individuazione del campo di applicazione della normativa sui licenziamenti individuali, cogliere il criterio per verificare la consistenza numerica dell’impresa ed il relativo onere della prova finalizzato a tale accertamento.
In questo contesto si inserisce la decisione in oggetto che, in contrasto con la giurisprudenza maggioritaria, ma non più recente, afferma che l’onere di provare i requisiti dimensionali dell’azienda, ai fini dell’applicazione dell’art. 18 della legge 300/1970, spetta al datore di lavoro.
La sentenza in esame è quindi intervenuta con chiarezza e puntualità su uno spinoso problema concernente il riparto dell’onere probatorio sui presupposti di applicazione della tutela reale o obbligatoria al licenziamento di cui sia già stata accertata l’invalidità.
Nella specie la Suprema Corte, alla luce dei principi stabiliti nella sentenza a Sezioni Uniti n. 141/2006, ha affermato che in tema di riparto dell’onere probatorio in ordine ai presupposti di applicazione della tutela reale o obbligatoria al licenziamento di cui sia accertata l’invalidità, fatti costitutivi del diritto soggettivo del lavoratore a riprendere l’attività e, sul piano processuale, dell’azione di impugnazione del licenziamento sono esclusivamente l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato e l’illegittimità dell’atto espulsivo, mentre le dimensioni dell’impresa, inferiori ai limiti stabiliti dalll’art. 18 della legge n. 300 del 1970, costituiscono, insieme al giustificato motivo del licenziamento, fatti impeditivi del suddetto diritto soggettivo del lavoratore e devono, perciò, essere provati dal datore di lavoro.
Il lavoratore, quindi, nel caso in cui promuova un’azione per la reintegrazione a seguito di illegittimo licenziamento può limitarsi a dichiarare il numero dei dipendenti, essendo a carico dell’imprenditore l’eventuale prova negativa che, se non viene fornita, comporterà il diritto alla reintegrazione in capo al lavoratore.