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(DL) INSUBORDINAZIONE E CRITICHE INGIURIOSE RIVOLTE AI VERTICI DELL’AZIENDA (Cass. 13.10.2021 n.27939)
Il casus decisus dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.27939 del 13 Ottobre 2021, ha riguardato un licenziamento per giusta causa (ai sensi dell’art.2119 c.c. e del vigente CCNL) intimato ad un dipendente a fronte di scritti presenti sul profilo Facebook del prestatore di lavoro, da costui non disconosciuti, dal contenuto gravemente offensivo e sprezzante nei confronti dei vertici aziendali, tali da pregiudicare il rapporto di fiducia tra le parti, anche in considerazione del ruolo ricoperto dal prestatore di lavoro (id est, account manager, per la gestione della comunicazione pubblicitaria nazionale).
La Suprema Corte si è preliminarmente pronunciata sulla illegittima acquisizione da parte della società -lamentata dal lavoratore ricorrente- dei posts presenti sulla pagina Facebook del prestatore di lavoro, ritenendo, anche alla luce di precedenti giurisprudenziali conformi (Cass. nn. 21965 e 10280 del 2018- sulla distinzione tra corrispondenza privata, chiusa e inviolabile e comunicazioni fruibili anche da terzi), che gli scritti in esame non fossero assistiti dalla segretezza in quanto accessibili ad un numero indeterminato di persone.
Sottolineata dunque l’utilizzabilità ai fini probatori dei posts oggetto di addebito, la Suprema Corte si è poi concentrata sulla nozione di insubordinazione idonea a comportare licenziamento per giusta causa. In particolare, il concetto di insubordinazione è da intendersi in senso ampio -come da sedimentato orientamento giurisprudenziale- e non può essere circoscritta al rifiuto da parte del lavoratore di adempiere alle direttive dei superiori (rilevante sotto il profilo del 2104, co2. c.c.), ma necessita, in aggiunta, di qualsivoglia ulteriore comportamento che pregiudichi l’esecuzione ed il regolare svolgimento delle suddette disposizioni nell’ambito del complesso aziendale (ex multis Cass. nn.7795/2017; 9635/2016; e 9736/2018 con riferimento al rapporto di lavoro pubblico).
Pertanto, nella pronuncia in commento, la Cassazione ha ritenuto che la critica rivolta ai superiori con delle modalità lesive della correttezza formale nei toni e nei contenuti, finisce per inevitabilmente pregiudicare l’immagine aziendale nel suo complesso, la cui efficienza senz’altro riposa anche sull’autorevolezza e prestigio di cui godono i suoi dirigenti; oltre che ledere l’onore e il decoro delle persone oggetto di espressioni ingiuriose e disonorevoli.
Nella fattispecie scrutinata inoltre, la condotta del lavoratore è apparsa particolarmente grave alla luce del ruolo (account manager) ricoperto nel complesso aziendale: proprio colui che avrebbe dovuto valorizzare, tanto all’interno quanto all’esterno della compagine sociale, l’immagine e l’efficienza dell’azienda, ha finito per lederne il prestigio attraverso espressioni ingiuriose rivolte agli organi di vertice. (MC)