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(A) ASSEGNO DIVORZILE ART.5 L.898/1970 (L.DIV.) EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE
L’assegno divorzile, in base all’art. 5 L. n. 898/1970, è disposto dal Tribunale con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Il nuovo testo dell’art.5, co. IV, L.898/1970 (come modificato a seguito della L.74/1987)
è del seguente tenore:
“Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale tenuto conto
-delle condizioni dei coniugi (criterio assistenziale)
-delle ragioni della decisione (criterio risarcitorio)
-del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune (criterio perequativo compensativo)
-del reddito di entrambi i coniugi (criterio assistenziale)
e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio,
dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.
Tale nuova formulazione dell’art.5 della L.div. ha stimolato gli interpreti ad individuare una netta bipartizione tra i fattori determinanti l’an e il quantum dell’dell’assegno divorzile.
In particolare, secondo tale impostazione (rimasta ferma sino alla pronuncia delle SSUU n.18287/2018), il criterio alla stregua del quale valutare la spettanza (an) dell’assegno divorzile era rappresentato dall’adeguatezza dei mezzi; mentre gli altri indicatori contenuti nella prima parte norma di cui all’art.5 (condizioni dei coniugi; ragioni della decisione etc.) sarebbero serviti unicamente a determinare il quantum dell’assegno. Alla base di tale ricostruzione v’era l’idea di fondo per cui l’assegno divorzile avesse funzione unicamente assistenziale.
Quanto al parametro di riferimento alla stregua del quale valutare l’adeguatezza dei mezzi del coniuge (e dunque la spettanza dell’assegno divorzile- l’an), l’orientamento inaugurato da SSUU n.11490/1990 (e rimasto fermo per 30 anni) lo ha individuato nell’insufficienza di mezzi dell’istante a garantirgli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio. Secondo tale impostazione peraltro, ai fini dell’ottenimento dell’assegno, non sarebbe stato necessario lo stato di bisogno del beneficiario, assumendo rilievo unicamente l’effettivo deterioramento, a seguito del divorzio, delle condizioni economiche del coniuge istante. In questa ottica dunque i criteri indicati nella prima parte dell’art.5 l.div. avevano solamente funzione determinativa del quantum dell’assegno.
Tale orientamento è stato poi innovato con la sentenza della Cassazione n.11504/2017 che, pur mantenendo le premesse sistematiche del precedente orientamento (bipartizione tra i criteri di determinazione dell’an e del quantum dell’assegno), ha individuato il parametro alla stregua del quale valutare l’adeguatezza dei mezzi del coniuge (quindi la spettanza dell’assegno) nella non autosufficienza economica del coniuge istante (escludendosi un diritto alla conservazione del tenore di vita goduto durante il matrimonio).
Va sottolineato che entrambi gli orientamenti sopra menzionati convergono nel ritenere che la norma di cui all’art.5 l.div. imponga una distinzione tra criterio attributivo dell’assegno (di natura assistenziale) e gli altri criteri indicati nella norma stessa (di natura compensativa e risarcitoria che avrebbero -secondo tale orientamento- natura meramente determinativa) e nell’individuare il parametro dell’adeguatezza/inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante al di fuori della norma di cui all’art.5 ( rispettivamente nel tenore di vita in costanza di matrimonio -S.U. 11490/1990 e nell’autosufficienza economica -Cass.11504/2017).
Tale impostazione sistematica presentava comunque il rischio di eccessiva astrattezza per difetto di collegamento effettivo con la situazione esistente in costanza di matrimonio.
Una svolta si è avuta con la pronuncia delle SSUU n.18287/2018 relativa ai presupposti dell’assegno divorzile (ulteriormente specificati con l’ord. n.21926/2019 ).
Secondo tale pronuncia, i criteri indicati dalla norma di cui all’art.5, comma IV, della l.div. sono legati da un nesso di dipendenza logico-testuale che ne impone un esame esegetico unitario. Pertanto, il giudice decide in ordine alla spettanza dell’assegno divorzile avuto riguardo all’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante da valutarsi non in base ad un parametro individuato al di fuori dell’art.5 ma proprio in base ai criteri da esso specificati nella prima parte (quali le condizioni personali e reddituali dei coniugi; le ragioni della decisione; il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio personale e comune; la durata del matrimonio).
In particolare, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare è il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi che può incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo il dissolvimento dell’unione patrimoniale.
Le SSUU pervengono a tale conclusione dopo aver sottolineato la “natura composita” dell’assegno, non solo assistenziale, ma anche perequativo-compensativa, che suggerisce di ancorare la spettanza dell’assegno alla valutazione sull’adeguatezza dei mezzi del coniuge istante da compiersi alla stregua degli indicatori contenuti nella prima parte dell’art.5, comma VI. Pertanto, al fine di valutare la spettanza dell’assegno occorre verificare 1)se al momento del divorzio sussista uno squilibrio reddituale effettivo e di non modesta entità; 2)se lo squilibrio è causalmente riconducibile in via esclusiva o comunque prevalente alle scelte comuni durante la vita coniugale ed al sacrificio lavorativo o professionale di uno dei coniugi; 3)la durata del matrimonio e l'età dell'avente diritto quando la vita matrimoniale ha comportato la rinuncia alla propria realizzazione professionale da parte del coniuge più debole economicamente, per assolvere agli impegni familiari, perdendo di fatto possibilità concrete di prospettive professionali e di soddisfacimento economico personale; 4) contributo che l’ex coniuge, beneficiario dell’assegno, ha fornito per la formazione del patrimonio comune.
Collocandosi sul solco sistematico tracciato dalle SSUU con la sentenza n.18287/2018, la Sez. IV della Suprema Corte (con sentenza n.26682/2021), ha recentemente ribadito l’equiordinazione dei criteri di cui alla prima parte dell’art.5 L. Div. al fine della determinazione e quantificazione dell’assegno divorzile. (MC)