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(DL) VIOLA IL PRINCIPIO DI CORRISPONDENZA TRA CHIESTO E PRONUNCIATO LA QUALIFICAZIONE DISCRIMINATORIA DI UN COMPORTAMENTO IN MODO DIVERSO DA COME PROSPETTATA DALLA PARTE (Cass. 25.7.2019 n. 20204)

La pronuncia si riferisce alla fattispecie di un lavoratore, affetto da handicap, che impugnava il suo licenziamento per superamento del periodo di comporto allegandone il carattere discriminatorio ai sensi del d.lgs. n. 216/2003, art. 2 lett. b) (c.d. "discriminazione indiretta"), in quanto a suo dire il licenziamento era in effetti imputabile alla patologia da cui era affetto.
La Corte d'Appello di Milano, nell'accogliere la domanda del lavoratore, aveva accertato il carattere discriminatorio del licenziamento qualificandolo, tuttavia, come integrante una forma di discriminazione "diretta", ai sensi della lett. a) della medesima norma.
Proposta dalla società specifica censura sul punto dinanzi la S.C., questa, cassando la sentenza impugnata, ha affermato che la diversa qualificazione della forma di discriminazione rispetto alla prospettazione della parte costituisce una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c..
La pronuncia, infatti, evidenzia come nella discriminazione diretta è la condotta a determinare la disparità, mentre, in quella c.d. "indiretta", la disparità vietata è l'effetto di un comportamento in sè per sè lecito: la diversità dei presupposti in fatto delle due forme di discriminazione - e quindi di allegazione da parte del lavoratore- fa sì pertanto che l'accertamento operato dalla Corte d'Appello non costituisce una diversa qualificazione giuridica del medesimo fatto, bensì una illegittima sostituzione della causa petendi dedotta in giudizio, fondata su fatti diversi rispetto a quelli allegati dalla parte.
Inoltre la Corte, accogliendo un ulteriore motivo di ricorso della società, ha altresì censurato la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che il licenziamento per superamento del periodo di comporto possa in ogni caso configurare una fattispecie di discrimanzione diretta, non configurandosi come un trattantendo deteriore riservato al lavoratore per effetto della sua appartenenza alla categoria protetta. (FA)