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(DL) LICENZIAMENTO DISCIPLINARE: IL DATORE PUÒ CONSIDERARE ANCHE FATTI NON CONTESTATI E SITUATI A DISTANZA SUPERIORE AI DUE ANNI DAL RECESSO (Cass. civ. 03.07.2015, n. 13680)

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13680 del 3 luglio 2015 ha definito legittimo il licenziamento adottato nei confronti del lavoratore che, a seguito del ritardo nel rientro nel posto di lavoro, risponde con un comportamento di insubordinazione al richiamo del superiore, come già avvenuto in precedenti occasioni.

La Suprema Corte, infatti, ribadendo un principio già enunciato dalla giurisprudenza di legittimità (Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 19.01.2011, n. 1145 - Cass. civ. Sez. lavoro, 14.10.2009, n. 21795), chiarisce che il principio dell'immutabilità della contestazione dell'addebito disciplinare mosso al lavoratore ai sensi dell'art. 7 dello Statuto lavoratori preclude al datore di lavoro di licenziare per altri motivi, diversi da quelli contestati, ma non vieta di considerare fatti non contestati e situati a distanza anche superiore ai due anni dal recesso, quali circostanze confermative della significatività di altri addebiti posti a base del licenziamento, al fine della valutazione della complessiva gravità, sotto il profilo psicologico, delle inadempienze del lavoratore e della proporzionalità o meno del correlativo provvedimento sanzionatorio del datore di lavoro.

Pertanto, conclude la Corte, alla luce del precitato principio, il richiamo a precedenti analoghi atti di insubordinazione non inficia la legittimità del licenziamento nel senso suddetto.


NP
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