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(DL)NESSUN OBBLIGO DI SOTTOSCRIVERE IL CONTRATTO CON TUTTE LE ORGANIZZAZIONI SINDACALI (Cass. 10.06.2013 n. 14511)

La sentenza della Cassazione civile, Sezione lavoro, 10 giugno 2013, n. 14511 ha precisato che nell'attuale sistema normativo dell’attività sindacale, “non vige il principio della necessaria parità di trattamento tra le varie organizzazioni sindacali”, dunque, non c’è un obbligo del datore di lavoro di trattare e stipulare contratti collettivi con tutte le organizzazioni sindacali e, in particolare, con i medesimi sindacati che avevano firmato un precedente accordo.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, rigetta il ricorso promosso dal sindacato personale direttivo ed area quadri delle banche del credito cooperativo nei confronti di una banca che aveva sostituito un precedente accordo con un altro stipulato tra soggetti diversi.

Infatti, spiegano i giudici: “Il datore di lavoro non ha l’obbligo assoluto neppure di aprire le trattative per la stipula di contratti collettivi con tutte le organizzazioni, potendosi configurare l’ipotesi di condotta antisindacale prevista dall’art. 28 dello Statuto dei lavoratori solo quando risulti un uso distorto da parte del datore medesimo della sua libertà negoziale, produttivo di un’apprezzabile lesione della libertà sindacale dall’organizzazione esclusa”.

La sentenza n. 14511 del 2013 chiarisce che la legge n. 300/1970 “accoglie il principio di parità di trattamento solo per i lavoratori (art. 15)”, mentre “per i sindacati fa proprio, ai fini del riconoscimento di una particolare tutela, il criterio della maggiore rappresentatività sul piano nazionale (art. 19)”. Tale criterio “non impone una uguaglianza di trattamento dei sindacati forniti di tale requisito, né tanto meno impone l'estensione ad associazioni sindacali diverse da quelle stipulanti condizioni dell'esercizio dell'attività sindacale riconosciute da contratti collettivi, più favorevoli di quelle previste per legge”.
Per cui, ad esempio, è stato ritenuto che “il comportamento del datore di lavoro il quale applichi il contratto collettivo concluso con alcune organizzazioni sindacali soltanto ai lavoratori aderenti all’accordo e non anche ai dipendenti che, iscritti al sindacato che ne rifiuta la sottoscrizione, non intendano aderirvi, non concreta gli estremi della condotta antisindacale non rilevando a tal fine l'eventuale danno economico subito dal singolo lavoratore, con le possibili ripercussioni sulla sua decisione di continuare ad aderire al sindacato che rifiuta il contratto”.

Inoltre, la Corte di Cassazione, in ordine al fatto che i lavoratori, dopo un primo atto di dissenso e quindi di adesione alla linea del sindacato ricorrente, avevano accettato la nuova contrattazione, afferma che non “può ravvisarsi una lesione delle prerogative del sindacato” non aderente al nuovo contratto collettivo nazionale “nell'intervenuta accettazione, da parte dei propri iscritti, delle nuove condizioni contrattuali (…)”.

Parimenti, secondo la Suprema Corte “non costituisce condotta lesiva della libertà ed attività sindacale (…) l’aver negato ai dirigenti della rappresentanza sindacale aziendale costituita nell’ambito di un’associazione sindacale lo stesso numero di permessi retribuiti concessi ai dirigenti delle Rsa di altre organizzazioni stipulanti un apposito accordo; tale condotta vietata è ravvisabile solo qualora risulti oggettivamente idonea ad ostacolare o limitare l’attività sindacale e, sotto il profilo soggettivo, sia anche intenzionalmente diretta a tale effetto”.


AP
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