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DPE) VIETATO PRELEVARE I PROFITTI DAI CONTI (Cass. 24.06.2009 n. 26281)

La Suprema Corte, con la sentenza in epigrafe, ha stabilito il divieto per i manager delle società di prelevare per sé, dai conti, i profitti di un’operazione commerciale.
Il Supremo Collegio, respingendo il ricorso dell’amministratore di fatto di una società che si era preso i proventi di un’operazione commerciale di leasing, ha condannato quest’ultimo per il reato di appropriazione indebita, non sussistendone i presupposti del reato di infedeltà patrimoniale. La seconda sezione penale ha colto, dunque, l’occasione per tracciare una differenza fondamentale in materia di reati aziendali, cioè quella tra infedeltà patrimoniale e appropriazione indebita. Le due norme incriminatrici sono fra loro in rapporto di specialità reciproca. La prima tipizza la necessaria relazione tra un preesistente ed ancora attuale conflitto di interessi, obiettivamente valutabile, e le finalità di profitto o altro vantaggio dell’atto di disposizione, mentre l’appropriazione indebita presenta caratteri di specialità per la natura del bene (soltanto denaro o cosa mobile) che ne può essere oggetto e per l’irrilevanza del proseguimento di un semplice vantaggio anziché di un profitto.
La comunanza tra le due fattispecie si riscontra nell’elemento costitutivo della deminutio patrimonii e dell’ingiusto profitto, ma esse differiscono per l’assenza, nell’appropriazione indebita, di un preesistente ed autonomo conflitto di interessi, che invece connota l’infedeltà patrimoniale.


A.M.C.

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