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(DL) CHI C…TI CREDI DI ESSERE? NON BASTA PER ESSERE LICENZIATI (Cass., 18.03.2009, n. 6569)

La Suprema Corte, con la sentenza n. 6569 del 18.03.2009, ha stabilito che non si può licenziare il lavoratore che, nell’ambito di un litigio, si rivolge al proprio capo dicendogli: “ Chi c… ti credi di essere?”. Se il capo rimprovera troppo spesso il lavoratore, la sua eventuale reazione verbale non è punibile con il licenziamento anche nel caso di utilizzo di frasi offensive.
La Cassazione ha, dunque, convalidato la decisione della Corte d’Appello di Napoli che aveva negato il licenziamento per insubordinazione di un ausiliario di una clinica privata, che si era rivolto in maniera poco “educata” al suo capo durante una discussione. Ed infatti, il Supremo collegio ha respinto il reclamo della clinica e ha sottolineto che «la Corte territoriale con apprezzamento incensurabile ha ritenuto che le espressioni irriguardose ma non minacciose rivolte dall’ausiliario all'amministratore andavano valutate nel complessivo contesto in cui erano state pronunciate, caratterizzate da un alterco intervenuto fra i due e ritenendole, con plausibile valutazione, effetto di una reazione emotiva ed istintiva del lavoratore ai rimproveri ricevuti, escludendone l'ascrivibilità ad un'ipotesi di vera e propria insubordinazione e, comunque, la particolare gravità contrattualmente richiesta per potersi fare applicazione della sanzione espulsiva».
L’espressione offensiva, pertanto, può essere considerata una “reazione emotiva istintiva” ai rimproveri ricevuti dal capo e se interviene durante un alterco tra il lavoratore e il datore si esclude che possa costituire vera e propria insubordinazione, tale da meritare il licenziamento.

A.M.C.

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