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(DPR) CARCERE AI GIORNALISTI CHE VIOLANO LA PRIVACY SULLA SALUTE DELLE PERSONE (Cass. Pen., 17.04.2008, n. 16145)

Tempi duri per i giornalisti che “mettono in piazza” la salute delle persone: chi lo fa senza il consenso degli interessati incorre nella violazione delle norme sulla privacy e può essere condannato al carcere.
La vicenda che dà origine alla sentenza in oggetto nasce da una denuncia presentata dal conduttore Paolo Bonolis, che aveva citato in giudizio il direttore e un giornalista di un settimanale per aver divulgato notizie sullo stato di salute del figlio senza il consenso dei genitori. I due giornalisti erano stati condannati in primo grado, rispettivamente, a sei mesi di reclusione e ad un anno di libertà controllata per aver violato la legge sulla privacy. Invece in appello i giudici avevano assolto i giornalisti <>. Così il caso è giunto all’esame della Cassazione, la quale ha annullato la sentenza impugnata rinviandola per un nuovo esame alla Corte d’Appello di Milano. In particolare la Suprema Corte, affermando che esiste un preciso divieto a rivelare dati sulla salute, sottolinea che non esistono deroghe alla responsabilità penale in favore dei giornalisti per quanto riguarda la diffusione delle notizie sulle condizioni di salute delle persone.
La sentenza ribalta quanto sostenuto dai giudici milanesi di secondo grado, secondo i quali nei confronti dei giornalisti che violano la privacy <>. A detta della Terza Sezione Penale della Cassazione, invece, ritenere che il giornalista nel caso di lesione dell’altrui riservatezza non sia penalmente sanzionabile per scelta legislativa è conclusione che appare confliggere con la logica dell’ordinamento penale in quanto tale conclusione sottrarrebbe l’intera categoria dei giornalisti ad una norma incriminatrice di portata generale. Infatti, secondo la Suprema Corte, <>. Da ciò deriva che l’interpretazione delle norme stabilite nel codice deontologico deve essere effettuata in modo il più possibile conforme al diritto comunitario (e segnatamente alla Direttiva 95/46/CE relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali) e la verifica della loro compatibilità con il diritto comunitario deve essere effettuata dai giudici nazionali indipendentemente dal fatto che la parte lo abbia invocato.
Pertanto, il giornalista, quando divulga dati sensibili, potrà andare esente dal consenso dell’interessato solo se il trattamento, oltre che essere effettuato per il perseguimento di finalità giornalistiche, rispetti i limiti del diritto di cronaca e della essenzialità dell’informazione, fermo restando che i dati idonei a rivelare lo stato di salute non possano essere diffusi.

F.M.

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