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(DLG) ANCHE IL GIORNALISTA DI FATTO, NON ISCRITTO ALL’ALBO, PUO’ AVERE DIRITTO AL TRATTAMENTO PREVISTO DAL CNLG PER IL REDATTORE ORDINARIO (Cassazione Sezione Lavoro n. 25300 del 5 dicembre 2007)

Nel caso oggetto della sentenza in commento, il ricorrente chiedeva che venisse accertata la natura subordinata del rapporto di lavoro giornalistico intercorso con la casa editrice del quotidiano con cui aveva collaborato ed il suo diritto, per le mansioni quotidianamente svolte, al trattamento previsto dal contratto nazionale di lavoro giornalistico per il redattore.

L’azienda si è difesa sostenendo che il lavoratore si era limitato a fornire articoli, non aveva mai partecipato all’attività di “cucina redazionale” e comunque, non essendo giornalista professionista, non aveva diritto al trattamento previsto dal CNLG per il redattore ordinario.

Dopo aver sentito alcuni testi, il Tribunale ha accolto la domanda, condannando l’azienda al pagamento delle differenze di retribuzione maturate con riferimento al trattamento previsto dal CNLG per il redattore.

Questa decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello che ha ritenuto indice di subordinazione il fatto che il lavoratore ricevesse ogni mattina specifiche direttive sugli articoli da scrivere, anche se poi si muoveva liberamente nell’arco della giornata, e che egli seguisse stabilmente la pallanuoto e l’atletica leggera.

L’azienda ha proposto ricorso per cassazione, censurando la sentenza impugnata per vizi di motivazione e violazione di legge. Essa ha tra l’altro sostenuto che il lavoratore non avesse diritto al trattamento di redattore ordinario perché non era giornalista professionista e che, nel valutare le risultanze istruttorie, la Corte di merito non aveva considerato, tra l’altro, che il ricorrente non aveva partecipato alla “cucina redazionale”.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, osservando che la Corte di Appelloaveva correttamente riconosciuto il diritto del lavoratore al trattamento di redattore in base all’art. 2126 cod. civ.. Secondo tale norma la mancata iscrizione all’Albo professionisti, pur determinando la nullità del contratto, non esclude che il rapporto di lavoro produca effetti per il tempo del suo svolgimento e che pertanto il lavoratore abbia diritto alla retribuzione per le mansioni svolte. Per quanto attiene all’accertamento della subordinazione, la Cassazione ha ritenuto che la Corte di Torino abbia adeguatamente motivato la sua decisione.

MG

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