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(DL) DICHIARAZIONI E COMPORTAMENTI DEL LAVORATORE INEQUIVOCABILI NEL MANIFESTARE L’INTENTO A RECEDERE DAL CONTRATTO DI LAVORO (Cass. n. 25583 del 10.10.2019)
Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha desunto il recesso volontario del lavoratore dai comportamenti concludenti tenuti dallo stesso che, inequivocabilmente, manifestavano la volontà di non proseguire l’attività lavorativa. Nel caso in esame, i giudici di legittimità hanno ritenuto di dar seguito ai principi già espressi in altre pronunce (cfr. Cass. 5454/2011 e Cass. 6604/2000), che hanno considerato il recesso volontario ricavabile “da dichiarazioni o comportamenti che, inequivocabilmente, manifestino l’intento di recedere dal rapporto, come nel caso in cui il prestatore si sia allontanato dal posto di lavoro e non si sia più presentato per diversi giorni”. Invero, per il recesso del lavoratore ai sensi dell’art. 2118 cod.civ., differentemente da quanto prescritto per il recesso del datore di lavoro, non vi è alcuna forma convenzionale da adottarsi, di talché appaiono idonei a far ritenere la volontà al recesso validamente espressa anche una serie di comportamenti omissivi che si concretino nel venir meno alle obbligazioni nascenti dal contratto. Secondo quindi, quanto espresso dalla recente giurisprudenza, non inficerebbero sul punto le modalità ad hoc prescritte dal legislatore per le dimissioni, poiché le modifiche operate con il D.Lgs. 151/2015 non incidono sulla portata dell’art. 2118 cod. civ. e dunque, la rinuncia alla prosecuzione di un rapporto lavorativo ben potrebbe dedursi da fatti concludenti del dipendente. (GT)