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(DS) - L'ASSENZA DEL CONSENSO RILEVA QUANDO E' PROVATO CHE IL PAZIENTE LADDOVE INFORMATO AVREBBE VEROSIMILMENTE RIFIUTATO L'INTERVENTO (Cass. 13.6.2019 n. 15867)

Con la pronuncia in oggetto la S.C., confermando i precedenti gradi di giudizio, ha rigettato il ricorso promosso da un uomo che, operato d'urgenza nel 1974 allorchè era ancora minorenne, venne contagiato, a seguito della trasfusione di 4 sacche di sangue, da virus manifestatisi solamente negli anni successivi. La Corte ha ritenuto che non potesse muoversi alcuna censura all'operato dei sanitari atteso che il paziente si trovava in condizioni di tale gravità da non poter evitare la trasfusione, sicchè "in presenza di uno stato di necessità la responsabilità dei sanitari, quand'anche foriera di un fatto dannoso, ne è stata certamente scriminata".
La Corte ha altresì escluso nel caso in esame qualsiasi rilevanza dell'assenza di consenso informato del paziente e dei congiunti alle trasfusioni, ritenendo che le condizioni molto gravi del paziente inducano a ritenere con certezza che i genitori, seppure informati dei rischi connessi alla trasfusione, avrebbero comunque prestato il loro consenso.
La Corte ha quindi ritenuto di dare seguito alla sua giurisprudenza, secondo la quale "per poter configurare la lesione del diritto ad essere informato, occorre raggiungere la prova, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, il paziente avrebbe verosimilmente rifiutato l'ìintervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute". (FA)