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(DS) MALFORMAZIONE DEL FETO ED OMESSA INFORMAZIONE: IL GENITORE PUÒ PROVARE IL DANNO PER PRESUNZIONI (Cass. civ. 31.10.2017 sentenza n. 25849)

La Corte di Cassazione,con la sentenza n. 25849 dello scorso Ottobre,torna a ribadire un orientamento ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite,secondo cui, in tema di responsabilità medica da nascita indesiderata, il genitore che agisce per il risarcimento del danno,e sul quale grava l'onere di provare che la madre avrebbe esercitato la facoltà d'interrompere la gravidanza ove fosse stata tempestivamente informata dell'anomalia fetale, può assolvere un simile onere tramite praesumptiohominis. La Corte, facendo applicazione di tali principi, ha ritenuto di poter applicare il ragionamento presuntivo per ottenere la prova in questione, a nulla rilevando che la malformazione da cui è
risultato affetto il nascituro, non incidesse -almeno secondo quanto affermato dalla Corte di merito - sull'espletamento di attività fisica e soprattutto psichiche, e quindi non fosse grave.La Corte, infatti, ricorda come i summenzionati principi espressi in giurisprudenza, non richiedano affatto, per procedere mediante presunzioni, che ci si trovi di fronte ad una malformazione grave, né tanto meno che questa patologia affligga necessariamente le capacità intellettive del nato.Nella L. n. 194 del 1978, art. 6, lett. b è espressamente previsto che idonei a determinare "un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna" che legittimi l'eccezionale possibilità di farsi luogo, dopo i primi 90 giorni di gravidanza, alla relativa
interruzione, sono "rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro", sicuramente sussistenti nel caso di specie, nato privo
di entrambi gli arti superiori. (NP)