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(DL) IL DANNO NON PATRIMONIALE PUO’ ESSERE IDENTIFICATO NELLA MORTIFICAZIONE INFLITTA AL LAVORATORE CON IL DEMANSIONAMENTO (Cass., 22.02.2010, n. 4063)

Con la sentenza in commento la Suprema Corte ribadisce il principio più volte enunciato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui il danno conseguente al demansionamento va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni, per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti (caratteristiche, durata, gravità, frustrazione professionale) si possa, attraverso un prudente apprezzamento, coerentemente risalire al fatto ignoto, ossia all'esistenza del danno, facendo ricorso, ai sensi dell'art. 115 cod. proc. civ., a quelle nozioni generali derivanti dall'esperienza, delle quali ci si serve nel ragionamento presuntivo e nella valutazione delle prove.
Con riguardo, in particolare, alla disciplina del diritto del lavoro, ove numerose disposizioni assicurano una tutela rafforzata alla persona del lavoratore con il riconoscimento di diritti oggetto di tutela costituzionale, il danno non patrimoniale è configurabile ogni qual volta la condotta illecita del datore di lavoro abbia violato, in modo grave, tali diritti.
Diritti questi che, non essendo regolati ex ante da norme di legge, per essere suscettibili di tutela risarcitoria dovranno essere individuati, caso per caso, dal giudice del merito, il quale, senza duplicare il risarcimento (con l'attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici), dovrà discriminare i meri pregiudizi -concretizzatisi in disagi o lesioni di interessi privi di qualsiasi consistenza e gravità, come tali non risarcibili - dai danni che vanno risarciti.
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha ritenuto qualificabile come danno risarcibile la mortificazione inflitta al lavoratore con il demansionamento concretizzatosi nell’aver lasciato il dipendente per circa due anni sostanzialmente privo di specifiche mansioni da svolgere.

MG

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