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(DCU) - LECITA L’OMONIMIA TRA NEGOZIO E GRIFFE DI MODA SE NON C’E’ RISCHIO DI CONFUSIONE PER IL CLIENTE (Corte di giustizia delle Comunità europee, 11.09.2007 – Causa C-17/06)
L’utilizzo di un segno identico a un marchio come insegna o denominazione sociale di un negozio commerciale non comporta una violazione della normativa comunitaria sui marchi di prodotti:
“Il titolare di un negozio di abbigliamento può utilizzare, come denominazione dell’esercizio commerciale, un marchio registrato se non provoca alcuna confusione con i prodotti che vende rispetto a quelli fabbricati dal titolare del marchio. La mancanza di un rischio di confusione nella percezione dei consumatori sulla provenienza del prodotto, che è l’interesse del titolare del marchio registrato, consente al terzo l’utilizzo del marchio come denominazione o come insegna a condizione che agisca in modo leale”.
Una conclusione, quella raggiunta dalla Corte di giustizia delle Comunità europee nella sentenza dell’11 settembre 2007 che chiarisce l’ambito di applicazione delle protezione dei marchi accordata dalla direttiva n. 89/104, limitando la protezione del titolare del marchio in assenza di rischi di confusione per i consumatori.
La Corte di giustizia ha chiarito la questione partendo dalla constatazione che la denominazione sociale, un nome commerciale o un’insegna non ha, di per sé, la finalità di distinguere prodotti o servizi.
Tale situazione, farebbe venir meno la protezione del marchio accordata nella direttiva che tra i requisiti specificati dall’articolo 5, comma 1, lettera a) richiede che si tratti di prodotti identici a quelli coperti dal marchio perché solo in questi casi sussiste un rischio nella percezione dei consumatori sulla provenienza dei prodotti che è poi l’interesse specifico del titolate del marchio registrato.
MG
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